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Prova ZERO DS: la prima volta di un motociclista incredulo

Lorenzo Bernardi (della community 6%), prova per noi la ZERO DS: le sensazioni di un neofita dell’elettrico, ma con una buona esperienza motociclistica.

“Ciao Lore, ti va di prendere una moto in prova per qualche giorno?” qualsiasi motociclista o appassionato di moto a tale richiesta non può che rispondere in modo “certo! Di che moto si tratta?” “una dual-sport 100% elettrica”.

Da buon smanettone inconsapevole di ciò che lo aspettava la risposta è stata “ah, elettrica… vabbè…” detto sottovoce con quella smorfia in viso di chi mente palesemente. Con queste premesse sono al concessionario nel tardo pomeriggio a ritirare la moto, una Zero DS color sabbia, sembianze da scrambler e ruote tacchettate. Sbrigate le pratiche e spiegati i vari funzionamenti sono in sella, giro la chiave e… nulla. Non accade nulla.

Prova ZERO DS: la prima volta di un motociclista incredulo
Prova ZERO DS: la prima volta di un motociclista incredulo

La moto è pronta, puoi girare la manopola del gas e partire. Nessun bottone da premere, nessuna frizione da tirare per l’avviamento, basta semplicemente girare la chiave, togliere il cavalletto e via: così faccio. Percorro i primi metri accompagnato da un leggero sibilo emesso dal motore elettrico convincendomi ancor più di guidare un giocattolo lontano anni luce dalla mia idea di moto. Però –  come nei migliori film di Tarantino dove l’inizio è lento, noioso e privo di emozioni – arriva il colpo di scena che cambia tutto.

Così è stato anche per il mio primo approccio con il mondo elettrico. Sono fermo al semaforo e la moto non emette il benché minimo rumore o vibrazione, appare spenta insomma. Appare, perché quando scatta il verde e ruoto tutta la manopola dell’acceleratore, vengo catapultato in avanti con una forza e una sensazione di accelerazione mai provate prima su nessuna delle tante moto possedute. Da questo momento è amore.

Gli ultimi chilometri che mi separano da casa sono un continuo spalancare il gas e ridere come un matto dentro il casco, spremendo tutti  i 109  newton metro che il motore sprigiona nella modalità sport. Non importa che tu sia in salita, in piano o in discesa, lei ti catapulta in avanti e continua a progredire costante fino all’intervento del limitatore a circa 140 km/h. Se non si fa l’abitudine all’assenza del rumore e del cambio si rischia di trovarsi praticamente sempre oltre i limiti di velocità.

Entro a casa, la moto è ferma nel box in attesa di essere ricaricata. Apro il pratico vano portaoggetti ricavato dentro al finto serbatoio estraendo il cavo per la ricarica. In pochi secondi levo il coperchio in gomma posizionato vicino alla pedana sinistra, inserisco la presa nella moto e l’altra estremità nella presa di corrente: la moto è in ricarica. Non è necessario altro, solo il cavo in dotazione e una presa standard e in poco più di 9 ore la batteria è carica la 100% al costo medio di soli 3 euro. L’assorbimento è di poco più di 1 kw che va a diminuire man mano che la batteria si “riempie”, permettendo di ricaricare la Zero ovunque sia presente una presa.

Il giorno seguente devo sbrigare delle commissioni  al centro di Roma, l’occasione giusta per prendere confidenza con la Zero e vedere come si comporta nel caotico traffico capitolino. Imposto il riding mode Eco che oltre a limitare le prestazioni della moto ne aumenta l’autonomia portandola a circa 262 km nel ciclo urbano e parto. La triangolazione sella manubrio pedane fa assumere una postura più simile alle naked che agli scrambler e consente un controllo ottimale del mezzo che insieme al baricentro basso e l’accentramento dei pesi rendono la moto maneggevole e la guidabilità quasi perfetta.

Sgattaiolo nel traffico con serenità grazie alla fluida erogazione del motore che con l’assenza del cambio rende tutto più semplice. Le sospensioni showa pluriregolabili copiano i pavé e le asperità del centro storico con estrema efficienza, mentre il comparto freni  – con monodisco anteriore e posteriore, dotati di abs –  rendono la frenata potente e modulabile. Tutto questo permette alla Zero Ds di essere usata come un normale commuter urbano, considerando anche la comodità del vano portaoggetti nel finto serbatoio che può contenere tranquillamente il completo antipioggia, documenti e altri oggetti.

IL riding mode ECO è perfetto per un uso cittadino e nel comunissimo casa-lavoro, la DS fa tutto ciò che le viene richiesto senza reazioni, ma provate a impostare il riding mode su SPORT e vi si paleserà immediatamente l’unico vero difetto di questa moto, l’assenza del controllo di trazione. Ora, io sono estremamente contrario a tutto ciò che sono controlli elettronici, ma gestire la tanta coppia che il motore eroga da subito su pavé o fondi sdrucciolevoli non è cosa da motociclisti alle prime armi. Bisogna prestare veramente tanta attenzione a come si ruota la manopola del gas e avere cognizione di cosa si sta facendo, pena ritrovarsi il posteriore che pattina a destra e sinistra.

Altro giorno in giro con la DS ma questa volta si fa sul serio. Esco dalla Capitale puntando dritto alla strada da pieghe più vicina, vorrei provarla sulle tante strade frequentate dagli smanettoni romani ma non so ancora quanta autonomia effettiva ho a disposizione e non vorrei rimanere su qualche passo con la moto scarica ad elemosinare corrente a qualche abitazione. Decido per il giro veloce, non troppo tecnico ma che prevede un misto di strada e fuoristrada perfetto per un valutare bene il comportamento della moto. Il primo tratto di statale lo percorro in ECO a velocità moderata fischiettando la canzone che viene dall’interfono, in pieno confort derivato dalla totale assenza di vibrazioni.

Mentre imbocco la rampa di uscita dalla statale imposto la Zero su SPORT, operazione fattibile senza necessità di fermarsi, la modalità selezionata entrerà dalla successiva apertura del gas. Prime curve allegre, panico. Se è vero nell’uso urbano la Zero si guida come un qualsiasi altro mezzo a due ruote, nell’uso sportivo è tutt’altra storia. La dinamica della DS richiede una guida a sé, il classico stacca piega apri qui non funziona e non avrebbe alcun senso. In più il cerchio da 19 anteriore e le Pirelli MT60 in dotazione con la posizione da naked sulle prime cozzano un pochetto. Mi fermo, resetto il cervello e riparto.

Altra serie di curve, arrivo senza staccare il gas ma mantenendolo un filo aperto, freno caricando l’anteriore e inserisco. Iniziamo a prendere le misure man mano che la strada si snocciola sotto le ruote. Trovo la quadra, il freno motore serve a ricaricare passivamente le batterie ed è costante, sempre uguale a qualsiasi velocità si leva il gas, l’assenza del cambio se sulle prime spiazza nella guida sportiva diventa un valido alleato e la guida diventa facile. È tutto un aprire e chiudere il gas che rende la guida di una fluidità disarmante, potrei andare avanti a pennellare curve per ore, o finché non finisco la batteria.

Conscio della confidenza acquisita inizio a spingere di più e… mi diverto come un matto, arrivo sotto curva staccando pesante, inserisco veloce e alla corda spalanco di colpo sentendo il posteriore che parte lasciando qualche millimetro di gomma sull’asfalto. Goduria. Se non avessi il casco integrale mi si vedrebbe un sorriso da bambino stampato in faccia mentre mi butto a capofitto in un’altra serie di curve, e poi un’altra e un’altra ancora finche il buon senso mi impone di smettere se non voglio lanciare la Zero in qualche campo e cercare scuse assurde con il concessionario. Peccato non avere la possibilità di provare la moto con delle gomme prettamente stradali, mi rendo conto però che sarebbero fuori luogo su una moto così.

Arrivo ad un bivio, posso andare avanti su asfalto o deviare su sterrato. Sto guidando una dual-sport giusto? E allora che sterrato sia.

Il percorso diventa un single track che si inoltra nel bosco. Se nella guida sportiva le sospensioni erano un tantino morbide, quando l’asfalto finisce la taratura originale è perfetta facendo copiare perfettamente ogni asperità, buca o avvallamento che sia. Il cerchio da 19 agevola il superamento di alcuni ostacoli e le gomme garantiscono un buon grip sulla terra battuta. Ma devo sbrigarmi a reimpostare la DS in modalità ECO perché usarla in modalità full power fuori dall’asfalto è impensabile a meno che non si vuole arare il terreno per la semina!

Imposto la modalità ECO e mi godo la mia prima uscita per boschi in totale silenzio se non il solito sibilo, unico rumore proveniente dalla Zero. Per un momento ho la sensazione di essere in una delle mie uscite in MTB.

Esco dal singletrack e il percorso diventa uno stradone bianco che costeggia campi coltivati e canali di irrigazione. Anche qui il comportamento della DS è ineccepibile, il controllo micrometrico dell’acceleratore consente di dosare perfettamente l’erogazione permettendo i curvoni in derapata in piena sicurezza. Purtroppo il tempo cambia, iniziando a piovere copiosamente, il che mi fa battere in ritirata non avendo neanche il completo antipioggia con me.

Arrivato a casa, mentre metto in carica la DS, butto un occhio al contachilometri parziale, ho percorso poco più di 100 km non badando più di tanto ai consumi e mi rimane un buon 40% di carica con un’autonomia residua segnalata dal computer di bordo di circa 50km.

Passo i giorni successivi ad usare la Zero come userei normalmente la moto, sia in città che fuori, e smanetto un po’ con l’app. La Zero infatti ha sviluppato un’app (per Android e Ios) con la quale, una volta connessa la moto allo smartphone tramite Bluetooth, si possono sia modificare i parametri del motore (che ritroveremo impostando il riding mode CUSTOM) modificando valori quali la velocità massima, la coppia erogata, il freno motore e il recupero passivo di energia, sia avere uno storico dell’ultimo utilizzo o addirittura utilizzare lo smartphone come strumentazione della moto.

La confidenza con la DS ormai è totale, sembra di guidarla da sempre, e incredibilmente la Zero riesce a divertire nell’uso quotidiano, dove le normali moto a propulsione termica risultano scomode e poco pratiche. E non delude neanche nel trasposto di un passeggero, seppur le ridotte dimensioni della sella e la posizione rialzata della stessa facciano credere tutt’altro.

È arrivato il momento di restituire la DS. Una cosa è certa, questo addio ha il profumo di un arrivederci.

Di una cosa sono convinto però, nonostante alcuni limiti che un utilizzo 100% elettrico porta con sé, come tempi di ricarica e autonomia, per la prima volta ho guidato una vera moto e non un qualcosa che tenta di imitare l’ideale di moto custodito in ognuno di noi. E posso assicurare che chiunque disdegni le moto elettriche lo fa semplicemente perché ancora non ne ha guidata veramente una. Provare per credere.

 

 

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